La “Danza macabra” di August Strindberg secondo Luca Ronconi.

Danza macabra di Johan August Strindberg (Stoccolma, 1849 – 1912) apre sontuosamente la scena teatrale del Festival dei Due Mondi di Spoleto, edizione 2014. La Danza di morte Danza macabra, come talvolta viene altrimenti tradotto, è un dramma in due atti scritto da Strindberg nel 1900 quasi di getto in una sola settimana. La pièce teatrale stindberghiana rappresenta uno scenario esemplare di vita coniugale problematica  in cui interagiscono e si confrontano dialetticamente la natura satanica della moglie, Alice, una impeccabile Adriana Asti ed il carattere vampiresco del marito, il Capitano d’artiglieria di fortezza Edgar, un Giorgio Ferrara che ha rivelato tutta la sua grandezza di attore in un ruolo drammatico di luci ed ombre, il quale cerca di succhiare la vita del secondo uomo, Kurt, il bravo Giovanni Crippa che si è calato con grande maestria d’attore consumato nel ruolo di un personaggio psicologicamente fragile e sostanzialmente remissivo.

Spoleto57°. Teatro Caio Melisso. "Danza macabra"   di August Strindberg (Stoccolma 1849 - 1912).

Spoleto57°. Teatro Caio Melisso. “Danza macabra” di August Strindberg (Stoccolma 1849 – 1912).

I contenuti strindberghiani dell’opera in oggetto se da un lato rivelano una forte misoginia dell’autore svedese, dall’altro, a poco a poco con un procedimento in fieri, svelano un inferno domestico di una coppia per niente infernale. L’arrivo sulla scena di Kurt rivoluziona la vita domestica della coppia ed entrambi gli sposi si eccitano alla presenza di uno spettatore che interrompe la monotona solitudine di una vita coniugale ormai prossima alle nozze d’argento. L’ingresso di Kurt consente a Edgar e ad Alice di esibirsi finalmente come personaggi a tutto tondo e di calarsi pienamente nelle loro parti. Il Capitano appare come un vampiro, e sua moglie Alice estrinseca completamente la sua natura di femmina diabolica che seduce il timido ospite. Edgar e la sua consorte sono dei falliti ed in essi si specchia un’umanità dolente messa a dura prova dalla vita: un militare che non è mai riuscito a diventare maggiore, ed una donna che non ha potuto coronare i suoi sogni di gloria con una brillante carriera di attrice a causa del matrimonio. I focolai delle tensioni e delle frustrazioni esistenziali cessano tuttavia con la fuga finale di Kurt e soltanto alla fine la coppia può tornare al punto di partenza, alla quieta routine dopo un lungo sfogo catartico di incomprensioni e di mal celate infelicità. Nella lettura ronconiana emerge il carattere risibile ed ironico di un inferno domestico talvolta sarcastico e beffardo in cui è lecito cogliere una citazione dei consorti Boulingrin, analoghi personaggi teatrali sorti pochi anni prima dalla fantasia del drammaturgo francese Georges Courteline (Tours, 1845 – Parigi, 1929). Anche qui, difatti, l’arrivo di un ospite in visita a casa Boulingrin innesca una farsesca esplosione di tensioni in una coppia borghese della fine dell’ottocento. L’ennesimo ritorno del regista Luca Ronconi a Spoleto ha prodotto uno spettacolo teatrale davvero suggestivo ed emozionante, ben ritmato da cambi di scenografie che evocano significativamente la risacca e le tempeste del mare, che fanno da sfondo metaforico alle mutevoli vicissitudini dei due sposi.

 

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